Scoraggiata per le persone morte a causa delle ultime scosse qui in Emilia, perché molte si potevano evitare. Ma noi, genere umano, pensiamo sempre di essere i più forti e che tutto possiamo e nessun conto ci verrà chiesto.
Non è così.
Siamo piccoli di fronte alla Natura e Lei ce lo ricorda e Lei ci fa pagare il conto per le scelte avventate e superficiale che facciamo.
Stamattina alle 9.00 ero a scuola, appena suonata la campanella della seconda ora, iniziavo a parlare di reazioni di ossido riduzione e di come usarle per pulire l'argento. I ragazzi, all'unisono si alzano di scatto, qualcuno grida terremoto, qualcuno urla fuori. Le prove di evacuazione e la lettura del protocollo da seguire in caso di terremoto non sono stati incisivi come il panico che parte dai piedi che vibrano.
Una ragazza con la gamba ingessata non può correre. Sto lì vicino a lei, abbracciate alla colonna portante, intanto i vetri tremano e il loro rumore fa forse più paura del forte dondolio della Terra.
Dopo, tanti secondi, rallenta, usciamo, in strada e poi nello spiazzo più grande, il più lontano da edifici. La scuola è solida, nulla è caduto, ma il panico è in cortile con noi.
La ragazza col gesso piange, piange a dirotto, non riesce a muoversi, ha paura di morire, tra i singhiozzi. Almeno lei butta fuori.
Altri sono lì si abbracciano, occhi lucidi, occhi spaventati.
Appello di rito, tutti presenti i presenti. Tutti vogliono andare a casa.
Ma tanti telefonini sono rimasti negli zaini in classe, prendo il mio e lo metto a disposizione, ma non c'è campo. Solo pochi prendono, le linee sono intasate, questi ragazzi non sanno come si stava quando non c'erano i cellulari.
C'è un sms di mio fratello, da Milano mi chiede come sto?
Sto preoccupata, anche perché penso a Simpatica Canaglia e spero che non si sia spaventato, sto in pensiero perché papi Miki ha finalmente ripreso a lavorare e oggi era in un appartamento (ma dove?).
Genitori arrivano e si portano via i loro figlioli.
Alcuni sono al lavoro e non possono, aspetteremo insieme.
R. dalla Cina è tranquillo. Con un sorriso e una domanda cerco di capire se è solo apparenza. "Prof, quando ha tremato ho avuto paura e infatti sono scappato fuori, ma adesso sono a posto". E continua a chiacchierare in cinese con un suo conterraneo e sorride, allungando ancora di più i suoi occhi. Saggio!
P. dall'India è molto agitata, si fa male ad un dito con delle piante, non riesce a parlare con i suoi.
Passano le ore, altre scosse, più lievi, arrivano notizie sull'epicentro del sisma.
Piano piano i ragazzi nel cortile diminuiscono. Il mio orario è finito da un po', forse se mi allontano riesco a telefonare per sapere come stanno tutti gli altri.
Simpatica Canaglia non si è accorto quasi di nulla, nonostante sia stato in cortile tutto il giorno.
Papi Miki è tornato a casa, stava lavorando in un palazzo del cinquecento e dopo la scossa delle 13.00 ha deciso che forse era meglio starne fuori, almeno per oggi.
Poi è andato in un paese vicino piuttosto colpito ad aiutare a trasferire gli anziani della casa di riposo in luoghi più sicuri.
Stanotte vedremo se Lei ci farà dormire o ci farà pagare una rata del conto.
